mercoledì 13 maggio 2020

Carmelo Cannarella: "Predikators"





Questo mio brano è stato interamente registrato da me utilizzando per le chitarre la Rickenbacker 360/12. Credo che sia un buon esempio delle potenzialità di questo strumento anche con una bella distorsione.


mercoledì 4 settembre 2019

Steppenwolf: Rickenbacker complete set!

Ho trovato questa interessante foto degli Steppenwolf databile 1968-1969(?). Da notare come tutto il gruppo sia equipaggiato sostanzialmente con Rickenbacker gear.

John Kay imbraccia una 381 (da cui verrà realizzata la Rickenbacker 381 JK). Si nota poi una 360 in mano a Michael Monarch e un basso 4005 a Rushton Moreve. Sullo sfondo, dulcis in fundo, gli incredibili amplificatori Rickenbacker della serie Transonic dalla loro inconfondibile forma trapezoidale. 


Un po' di pubblicità dell'epoca
Altro siparietto pubblicitario vintage


giovedì 21 febbraio 2019

Il cat-eye hole

Un elemento molto caratterizzante l'immagine della Rickenbacker 360/12 (ma questo vale anche per la 360 e la 330) è indubbiamente il cat-eye hole. Si tratta della fessura sul corpo della chitarra avente questa caratteristica forma a "occhio di gatto": in inglese cat-eye hole. 



Il cat-eye hole, oltre a rappresentare un elemento fondamentale per questa chitarra in quanto hollow body, costituisce un aspetto che distingue le chitarre Rickenbacker destinate al mercato americano dalle Rickenbacker Rose-Morris. Rose-Morris era l'importatore britannico delle chitarre Rickenbacker il quale agli inizi degli anni '60 richiese alla casa di Santa Ana di distinguere le Rick destinate al mercato inglese ed europeo sostituendo il cat-eye hole con f-hole.  Queste chitarre da esportazione, soprattutto le 330 e le 335, vennero denominate Rickenbacker 1997.
Per il resto le chitarre sono identiche. 

Una Rickenbacker Rose Morris 1997 Fireglo




venerdì 12 ottobre 2018

Tom Petty And The Heartbreakers - The Waiting

Il video di questa bella canzone di Tom Petty and the Heartbreakers - "the Waiting" rappresenta due bellissime chitarre Rickenbacker che ho la fortuna di possedere: la 360/12 e la 660.

Consiglio pertanto la visione di questo video anche per farsi un'idea del Rickenbacker sound che rimane un unicum interessante ed originale all'interno del panorama delle chitarre. Si tratta di strumenti eccellenti anche per la fattura complessiva ed il sound caratteristico. Dico questo come pro memoria per qualche povero incompetente, che ahimè ancora si incontra in giro, che continua a sostenere che le Rickenbacker producono suoni vecchi... (e poi mi devono spiegare che si intende per "suoni vecchi")



lunedì 16 luglio 2018

Una questione di cinghie

Una chitarra molto vintage come la Rickenbacker 360/12, ma lo stesso vale per la Rickenbacker 660, necessita di accessori altrettanto vintage. Non fa eccezione quindi la scelta della cinghia o strap in inglese.

Come ho scritto in un post precedente, gli strap buttons (punti di aggancio della cinghia) di queste chitarre sono molto old-style: quindi piuttosto piccoli. La cinghia quindi deve in qualche modo adattarsi a questi affaretti tenuto conto che anche gli stessi ferma cinghia (un accessorio molto importante se si vuole evitare che la chitarra crolli per terra mentre si suona) devono potersi adattare a queste dimensioni più piccole.

La scelta della cinghia pertanto può diventare una faccenda in un certo qual modo intrigante se si vuole mantenere la linea vintage dello strumento. A tale proposito la scelta sulla cinghia in stile anni 60, magari un po' beat, diventa un'opzione obbligata. Questa cinghia è piuttosto stretta con un cuscinetto scorrevole imbottito di rinforzo salva spalla.
 
Per capire di cosa sto parlando basta osservare qualche fotografia dei Beatles dell'epoca...




Ma anche di Pete Townshend degli Who...




 O anche Roger McGuinn degli Byrds.


Insomma non so se mi sono spiegato.

La Rickenbacker ovviamente commercializza queste cinghie con sopra stampato il marchio "Rickenbacker" in colore marrone e nero. I puristi si possono rivolgere all'e-shop per l'acquisto e la relativa spedizione dagli USA. Ovviamente queste cinghie costicchiano: sono di pelle e hanno il marchio originale.

Per chi, come il sottoscritto, si accontenta di qualcosa di valido, ma non necessariamente "original", esistono interessanti alternative: sempre di buona qualità ma dal prezzo decisamente più contentuto. Io personalmente ho rimediato un paio di cinghie della Gaucho che sono praticamente uguali alle Rickenbacker ma costano meno: molto meno. Sono in vera pelle e sono in tutto e per tutto identiche alla cinghie anni '60. La qualità è decisamente molto buona: sono molto resistenti e si adattano alla perfezione ai piroletti delle Rickenbacker. Ne ho prese due: una nera per la Rickenbacker 360/12 e una marrone per la Rickenbacker 66.


La chitarra acquista un tono molto ganzo e vintage con una spesa decisamente abbordabile. Oltrettutto sono molto comode e fanno molto bene il loro lavoro: e io sono molto soddisfatto dell'acquisto.

 



martedì 19 giugno 2018

Gli strap buttons

Gli strap buttons sono i supporti dove si infila, tramite apposite asole, la cinghia reggi chitarra. Francamente non mi viene in mente al momento un termine in italiano: freschetti reggi-cinghia, supporti della cinghia, reggitori, ecc... ecc... Comunque penso che si sia capito di cosa sto parlando.

La Rickenbacker 360/12 ha, come tutte le chitarre elettriche che si rispettino, due strap buttons: in questa chitarra devo dire che hanno un look molto vintage. Sono quindi molto semplici nella loro fattura ma sono anche piuttosto piccolini rispetto a quelli di molte altre chitarre.





Questo significa che quando si mette la cinghia bisogna fare molta attenzione che non si sfili accidentalmente, cosa che oltre che essere imbarazzante (specie se si suona dal vivo) può essere molto pericolosa per l'incolumità dello strumento. Non bisogna poi dimenticare che la 360/12 è una chitarra abbastanza pesante e questi due supporti devono fare al meglio il loro lavoro.

Per ovviare a tale spicevole potenziale inconveniente vi sono due strade: la prima è munirsi di una coppia di strap-lockers. Sono degli affari che praticamente bloccano la cinghia allo strap ed impediscono che si sfili. Ma attenzione: come ho scritto prima gli strap della 360/12 sono piccoli. Quindi bisogna prendere quelli della misura giusta: per la Ric 360/12 se ne trovano in commercio (ma qui non approfondisco per non fare pubblicità).

L'altra via è quella di dotarsi di cinghie con le asole strettine e piccoline. Se ne trovano in giro: soprattutto quelle che hanno un look molto vintage. Sono rognosette da infilare e sfilare (asole piccole, cuoio duro, spazi di manovra minimi, parolacce comprese nel prezzo della cinghia) però una volta messe non si levano tanto facilmente. Insomma fanno il loro lavoro e secondo me sono anche piuttosto belline. Magari ne parlerò in un prossimo post.

lunedì 9 aprile 2018

La teoria del plettro camaleontico



Talvolta capitano delle cose veramente inspiegabili o che comunque sono di difficile spiegazione e interpretazione. Una di queste interessa un piccolo oggetto molto comune per chi, come il sottoscritto, ha la ventura di suonare la chitarra: il plettro.

Il plettro è un oggetto molto personale che il chitarrista di solito sceglie con una certa cura. Vi è un'attenzione per lo spessore, la flessibilità, la qualità costruttiva, l'affidabilità e, perchè no, anche l'aspetto estetico. Insomma il chitarrista tiene al suo plettro

Date però le ridotte dimensioni, il plettro può sfuggire di mano e ahimè cadere in terra. Quando si suona dal vivo infatti bisogna sempre avere  a portata di mano infatti dei sostituti perchè non si sa mai.

Nel mio caso personale, il plettro cadendo tende ad assumere una specie di "vita propria": cade in terra ed inesorabilmente sparisce, svanisce, si volatilizza. Nonostante sia piatto, con uno spessore di pochi millimetri, il plettro è capace di effettuare delle capriole e delle giravolte più appropriate ad un oggetto sferico. A tuttora non riesco ancora a capire come ciò sia possibile... Inoltre il plettro molto di rado mi cade davanti ai piedi, ma finisce non solo lontano, ma sempre "sotto qualcosa". Come ciò sia possibile per me è un mistero... Sembra che il plettro voglia fuggire, nascondersi, sentirsi libero di andare chissà dove...

Ho notato poi un versante cromatico della faccenda. Il plettro tende sempre a cadere in un punto avente il suo stesso colore. Se il plettro è bianco, finirà molto probabilmente su una parte del pavimento bianca. Se è nero, idem. Il plettro sembra attratto dal suo stesso colore. Per sopperire a questo problema ho pensato di portarmi una serie di plettri dai colori diversi: verifico il colore del pavimento e scelgo il plettro dal colore di maggiore contrasto. Se quindi il pavimento è nero scelgo il plettro bianco e viceversa. Tutto inutile: il plettro riesce sempre a fregarmi. Se il pavimento è scuro il mio plettro chiaro finirà immancabilmente nell'unico punto chiaro (anche distante svariate centinaia di metri per la proprietà "ruzzolativa" di cui sopra) del pavimento per mimetizzarsi completamente e sparire alla mia vista. Dopo alcuni tristi episodi di questo genere, ormai ho capito e lo vado a cercare solo nei luoghi del suo stesso colore... E comunque anche lì non sempre riesco a trovarlo. Ma dove cavolo finisce?

Addirittura ho cominciato a scegliere plettri dal colore fosforescente o comunque molto appariscenti (con scritte vistose, arzigogoli et similia) o di color evidenziatore. Tutto inutile: il plettro giallo fosforescente riesce a trovare, non si sa bene come, ampie superfici piane di colore giallo fosforescente dove cadere e sparire per sempre alla mia vista. Se il plettro è pieno di ghirigori vistosi finirà da qualche parte perso in un mare di altrettanti ghirigori identici al suo...

La lotta contro il plettro camaleontico continua tuttora e non di rado è possibile vedermi (sia in sala prove o dopo una serata) carponi per terra, magari insieme a qualche volenteroso della mia band, a imprecare e cercare a tastoni quel maledettissimo plettro della malora!!!!! (cui oltretutto tengo tanto...)

martedì 13 marzo 2018

Il Ponte - Bridge


Se c'è una componente abbastanza delicata e tutto sommatonon proprio semplicissima da gestire su una Rickenbacker 360/12 quella è senza dubbio il ponte (bridge). Si tratta di un elemento fondamentale che determina notevolmente l'intonazione complessiva della chitarra e contribuisce in modo determinante alla regolazione dell'action (altezza delle corde). Insomma influenza parecchio la suonabilità di questo strumento

Il ponte della 360/12 (come in altri modelli Rickenbacker) è protetto da una placca metallica che impedisce intrusioni, slittamenti, impicci e imbrogli vari. Sembra una stupidaggine ma questa piccola placca ha un ruolo protettivo fondamentale. Il ponte standard della 360/12 è composto da sei selle (saddles) su cui è adagiata una coppia di corde su due piccole scanalature parallele. Questo vuol dire che il ponte standard della 360/12 prevede l'azione sul ponte per ogni coppia di corde. Esiste poi un ponte premium che invece è composto da 12 selle: ciò significa che ciascuna corda ha la sua gestione indipendente.



Ogni sella (come già detto è per coppia di corde nel ponte standard) permette la regolazione fine dell'intonazione delle corde. La 360/12 esce con la regolazione di fabbrica del ponte sulla base delle carattersitche delle corde Rickenbacker montate di serie su questa chitarra. Se si cambiano le corde (verificare sempre di aver fatto passare correttamente la corda nella scanalatura) montando corde di gauge diverso o se per qualsiasi motivo il pitch diventa troppo tirato o piatto si può intervenire agendo sulle viti (usare la chiave in dotazione please) che si trovano dietro il ponte. Questa è un'operazione abbastanza delicata e consiglio di allentare un po' le corde in questione per non danneggiarle quando si fa questa regolazione per poi ritenderla a regolazione dell'intonazione completata. 

L'operazione può essere abbastanza lunga per un ponte a 6 selle: per quello a 12 può diventare ancora più sofisticata...

L'action delle corde può essere regolata agendo (con la chiave in dotazione) sulle quattro viti che si trovano ai lati del bridge. Il ponte si alza (e quindi si alzano le corde) girando le 4 viti in senso orario. L'action si abbassa se si girano le 4 viti in senso antiorario.

Non sono insomma operazioni particolarmente difficili da fare: restano però interventi sempre piuttosto delicati che vanno fatti con cautela e quando necessario per non danneggiare le corde e la stessa chitarra. C'è anche da dire che uno se ne accorge subito quando bisogna intervenire...

martedì 6 marzo 2018

Eddie Vedder e la Rickenbacker 360/12 agli Oscar 2018

Eddie Vedder dei Pearl Jam ha cantato la canzone di Tom Petty "Room at the Top" con una Rickenbacker 360/12 durante la celebrazione "In Memoriam" agli Oscar 2018.

Un'esecuzione emozionante di un brano bellissimo con il classico sound di questa fantastica chitarra per celebrare un momento così toccante della cerimonia degli Oscar. Un importante tributo inoltre al grande Tom Petty.


lunedì 29 gennaio 2018

Vox amPlug 2 AC30 Guitar Headphone Amp

Per Natale ho deciso di farmi un piccolo regalo: nel caso specifico è proprio il caso di dirlo. 

Nella mia battaglia contro roba ingombrante e pesantissima (la mia età e soprattutto la mia schiena non sono più tanto d'accordo con pesi extra-large e roba di dimensioni notevoli) questo piccolo oggetto che andrò a presentare in questo post rientra a pieno titolo fra i cavalli di battaglia. 

Essendo un amante sfegatato del Rickenbacker-sound il mio sogno nella cassapunka è senza tema di smentita l'amplificatore Vox AC30. Si tratta però un un dispositivo che cozza decisamente contro gli assunti di cui sopra: peso considerevole (ha due manici: ci sarà un motivo!!!) ed ingombro non indifferente. 

Ecco che allora appare all'orizzonte questo simpatico sfizio: Vox amPlug 2 AC30 Guitar Headphone Amp. 



Di cosa si tratta? Questo affaretto è un micro amplificatore che si infila nel jack della chitarra e che dispone di un'uscita per la cuffia. Tutto qui. 

Le sue caratteristiche principali sono:
  • dimensioni molto ridotte
  • un jack direzionabile che ruota e che permette di infilare 'sto coso in tutte le chitarre e chitarrette
  • una manopola per il volume, una per i toni, una per il gain
  • effetto tremolo, delay, chorus, riverbero
  • aux input 

Come suona?
Se si dispone di una buona cuffia o di un auricolare di buon livello la resa è ottima: al limite dell'incredibile. La Ric 360/12 suona che è una meraviglia. Idem la Ric 660. Ottimi risultati li ottenuti con tutte le mie chitarre. 

E' ovvio che stiamo parlando di un cosettino che funge da amplificatore per cuffia: quindi bisogna capire bene di cosa stiamo parlando ma il suono è decisamente bello. Non c'è che dire.

Il suo uso è più che evidente: se si vuole fare una strimpellata al volo, magari senza rompere le scatole a chi ci sta nelle più immediate vicinanze (dipende dal volume con cui uno solitamente suona: quindi il bacino delle nostre vittime può essere molto esteso) questo micro amp da cuffia è indicatissimo.

Io lo tengo in cucina con attaccata una cuffia Sony di alcuni secoli fa (che però suona molto bene) e la mia vecchia Yamaha a portata di mano appesa da una parte insieme a pentole e padelle: se mi vengono le fregole il gioco è fatto. Magari torno tardi dal lavoro e non ho voglia di accendere mille cavoli e aspettare che le valvole dell'ampli arrivino a temperatura, per farmi una suonata al volo, ecco che il mio Ac30 è lì pronto: zac, il gioco è fatto. 

Sto anche pensando di portarmelo al lavoro con tutta la Yamaha: così, tanto per farmi licenziare...

Tutto molto fico: davvero molto fico. E per poche decine di Eurozzz....


lunedì 18 dicembre 2017

Moog Minifooger Analog Delay

Come ho avuto modo di scrivere in un mio recente post, mi sono sbarazzato a malincuore del mio piccolo, ma pesantissimo ampli per bass Ashdown che ho sostituito con un più muscoloso e leggero Markbass. 

Lo smaltimento del pesante Ashdown ha implicato una forma di permuta: la sua valutazione presso un bel negozio di strumenti musicali, dove ogni tanto mi servo, è stata effettuata con la scalatura sul prezzo d'acquisto di un altro prodotto.

Mi sono quindi messo a provare qualche pedaletto qua e là finchè non mi sono imbattuto in questo Moog Minifooger Analog Delay. In realtà lì per lì non ero proprio interessato ad un delay, dato che già posseggo un Electro Harmonix che il suo sporco lavoro lo fa più che dignitosamente. Solo che appena l'ho provato mi sono detto: "cacchio! Devo averlo!" E, come sempre in questi casi, l'ho acchiappato senza indugi.

Il pedale si presenta molto solido nella fattura, ben costruito, robusto, razionale, di uso semplice ed immediato (cosa molto importante per un mezzo deficiente e mezzo cecato come il sottoscritto). Il design è belloccio e la cosa non guasta. Si tratta poi di un true bypass: quindi se spento non altera la catena degli effetti in alcun modo. Ha anche un ingresso per un pedale d'espressione. Evvai!

Si tratta di un effetto delay analogico classico con le sue belle manopolozze cicciotte e di sostanza (che oltretutto mi ricordano quelle della Ric 360/12!!!) per regolare il tempo, il feedback, il mix con il suono pulito e una manopola per il drive che incattivisce il suono (torna utile alla bisogna). Ronzii, fruscii e venticelli sono pari a zero: questo lo rende certamente più affidabile dell'Electro Harmonix (il Memory Boy De Luxe un po' di fruscio lo fa... ma che ci vuoi fare?)

Insomma: è veramente un gran bel delay. Ineccepibile. Promosso

La caratteristica però di questo effetto delay secondo me è che "arricchisce" il suono: rende il suono della chitarra più caldo e più pieno. Sarà un'impressione allucinatoria mia, ma sembra come se  aumentasse la presenza del suono. E questo risultato si percepisce anche limitando al minimo la presenza dell'effetto delay vero e proprio. 

La resa migliore l'ho ottenuta proprio con la Rickenbacker 360/12 che è una chitarra che tende ad avere un suono molto squillante e talvolta anche un po' metallico. Con questo pedale il sound è più caldo e pieno, diventa un po' più tridimensionale, e la freddezza metallica del suono si attenua decisamente. Eccellente la resa anche con la Ric 660 grazie all'estensione del sustain. Con la Tele poi è una goduria...

Al momento quindi questo Moog l'ho inserito fisso nella linea send-return dell'ampli (insieme all'Holy Grail): praticamente ho l'effetto sempre inserito anche se al minimo ritardo con un mix appropriato. L'effetto non interferisce nemmeno con il tremolo o con il Vibe. Ovviamente se voglio l'effetto delay, lo alzo senza ritegno.

Il Memory Boy invece fa il lavoro del delay vero e proprio: lo inserisco solo quando serve.

Un pedale di certo non economico, ma dal prezzo abbordabile per la qualità ed il risultato che si ottiene. Bel pedale davvero! Vale tutti i baiocchi che costa.

lunedì 27 novembre 2017

MarkBass CMD 121P Combo


Non so se qualche sperduto lettore di questo scarcagnato blog se ne può essere accorto, ma, tra le tante cose che faccio nella vita, sono anche bassista. Suonare il basso (cfr. ciò che ho scritto relativamente al mio basso Ibanez a cui sono affezionato in modo quasi patologico) è per me un'esperienza sempre fantastica: mi piace da morire suonare questo strumento e ogni volta che ne ho l'occasione non mi tiro indietro. Tant'è vero che in alcune formazioni appaio proprio come bassista. 

Ovviamente fra le tante cose belle e positive che ci sono nel suonare questo (ahimè forse troppo negletto) strumento ce ne sta pure qualcuna negativa. La cosa forse più negativa di tutte, secondo me, è che gli amplificatori per basso, per loro costituzione fisica, tendono ad essere belli pesantucci. E per un musicista della vecchia guardia come me questa cosa può essere un bel problema. 

Come ho scritto neanche tanto tempo fa, per anni mi sono servito del mio Ashdown Perfect 10 Combo: 30 watt scarsi, cono da 10' per un peso che si aggira intorno ai 30kg. Finchè le mie braccine me lo hanno consentito, me lo sono portato appresso tutto sommato abbastanza volentieri: in fondo non suona male, è piccoletto ed è buono pure per la chitarra. Ma con il passare del tempo la mia gioia ed il mio apprezzamento per questo piccolo, ma corpulento ampli si andavano assottigliando sempre di più. Finchè una sera, dopo una bella serata live in una piazza, nel riporlo nel bagagliaio della macchina, ho sentito un piccolo crack nella schiena. Lì per lì niente di che, ma la mattina dopo avevo un mal di schiena terribile che mi sono portato dietro per quasi un mese. 

Ho pertanto realizzato che ero di fronte ad un bivio: o mi tenevo l'Ashdown (e smettevo di suonare il basso in giro limitandomi a suonarlo solo nella mia saletta) oppure dovevo liberarmene. Siccome non ho alcuna intenzione di smettere di suonare il basso dal vivo (con sommo dispiacere per le tante persone che mi hanno sentito...), mi sono messo alla ricerca della soluzione.



Cerca che ti ricerca ho trovato il MarkBass CMD 121P Combo. Si tratta di un fregnetto piuttosto piccolo che a guardarlo così non sembrerebbe niente di che. Invece dispone di 300W su 8ohm, un bel cono da 12' e soprattutto non pesa nemmeno 13 kg!!!!!

Il suono di questo ampli è semplicemente fantastico: è possibile intervenire sulle manopole dei toni per ottenere il sound ideale che può oltretutto essere ottimizzato grazie ad un paio di effettuzzi che pompano o meno il suono. Ha anche un'uscita cannon per l'impianto (il povero Ashdown non aveva nulla).

Insomma ho svoltato! L'Ashdown l'ho permutato con un effetto per la chitarra: adesso andare in giro (anche per le prove) per suonare il basso è diventata una bazzecola. 

Questo MarkBass ha una valanga di pregi. Unico difetto: costicchia, non te lo regalano di certo. Ma cercando (anche in rete) si possono trovare anche delle buone offerte. Per me però è un ottimo investimento in salute. La schiena ringrazia...